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Del tiralatte, della libertà e delle emozioni di un padre

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Filippo biberon chicco

Quando guardo “Ostetriche, quando nasce una mamma“, ciò che mi tocca maggiormente le corde del cuore, non sono quegli esserini così piccoli, né la voce rotta delle mamme. Sono i papà. Attenti, teneri, premurosi. Emozionati.

Ieri, mi sono ricordata come il tiralatte (già simbolo di libertà e spensieratezza per una mamma come il motorino lo è per una quindicenne!) sia, in effetti, uno strumento importante anche per un papà!

Il tiralatte è stato una bacchetta magica che mi ha permesso di partecipare, quando Filippo aveva ancora pochi mesi, a una riunione di lavoro cui tenevo tantissimo. Un meeting interminabile, durante il quale in un momento di pausa, mi son chiusa nel bagno dell’ufficio a tirarmi il latte, per evitare che le tette mi esplodessero.

E’ stato un compagno fidato, grazie a cui, accumulavo nel frigo file e file di biberon di latte congelato. Ed uscivo. A prendermi un gelato. A fare una passeggiata. A pranzo fuori. Senza dover necessariamente portare con me Filippo. O allattarlo in pubblico, che sebbene sia naturale, non mi è mai piaciuto molto (e durante l’inverno non è esattamente pratico!).

A volte usavo la mia scorta anche solo per prendermi una pausa. Per mantenere una maglietta pulita per più di tre ore di seguito. Per sentirmi per qualche ora solo “io” e non una mamma (o una mucca!). Per allontanare quella specie di senso di claustrofobia che mi prendeva certi giorni in cui essere diventata mamma mi sembrava una pericolosissima minaccia alla mia libertà.

Perché le scene di allattamento dolcissime, il senso di perfezione per quell’essere piccolissimo attaccato a te, fanno l’altalena con il sonno, la stanchezza, la voglia di fare altro, di sentirsi completamente liberi e slegati. Che essere madri e padri è una continua contraddizione. L’esaurimento più dolce che si potesse inventare.

Il tiralatte è stato importante anche per papàdifilippo. Con un biberon in mano, un padre è potente come una mamma. E davvero si sente di poter far tutto per suo figlio. E può provare quel “bonding” unico di guardare negli occhi il suo bambino mentre mangia.

Il tiralatte mi ha aiutato a fare qualcosa di buono per me e per la mia famiglia non solo nello spirito, ma fisicamente. Sono riuscita a gestire alcuni piccoli ingorghi che mi hanno assillato nelle prime settimane di allattamento e che temevo (fortemente temevo!) potessero causarmi una mastite. Il modello più adatto alle mie esigenze me lo consigliò l’ostetrica che mia aveva seguito durante il corso pre-parto e che mi ha insegnato come allattare il mio bambino.

Invece, mia cugina, mi suggerì, di sfruttarlo per fare qualcosa di buono anche per altre mamme ed altri bambini. Donare il mio latte alla banca del latte presso l’Ospedale Pediatrico del Bambin Gesù (informazioni, qui).

—–

Ostetriche, quando nasce una mamma“, è una nuova trasmissione in onda il giovedì su Real Time realizzata in collaborazione con il centro di ricerca Osservatorio Chicco per riflettere sulle piccole e grandi difficoltà del diventare genitore e sull’importanza di avere un aiuto professionale e concreto durante le prime settimane di vita del bambino.

Questo post fa parte delle “Storie di allattamento”, un progetto sponsorizzato da Chicco che ha come obiettivo la condivisione delle proprie esperienze sull’allattamento con chi è alle prese con questa fase così importante e impegnativa della propria esperienza da mamma.

 



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